BEAM Summit Edition 1
06. - 07.06.2024
Foto credits © Hannes Unterhauser
Idee ambiziose e ispirazioni per il mondo di domani… ma prêt-à-porter: sono i nostri primi BEAM. Tratti dai keynote talk, sono questi gli approcci concreti che la BEAM Community ha trovato particolarmente preziosi.
“We either find something new, or the planet will die.” Chiarissime le parole di Martin Raymond, cofondatore di The Future Laboratory a Londra, nel suo BEAM Talk. Insieme a BEAM ha sviluppato un sistema per promuovere la crescita sostenibile e la capacità di adattamento, che si articola in sei ambiti: l’agricoltura, i settori food service, gastronomico e alberghiero, il turismo e il destination management.
Raymond ha ribadito quanto l’agricoltura intensiva sia dannosa per il nostro ambiente e ha invitato la Community a non ripudiare a priori il “cibo da laboratorio”. Ci vuole il coraggio di confrontarsi con opinioni differenti, al di fuori della propria “bolla”. E ci vogliono iniziative che valorizzino i prodotti a chilometro zero, che facciano incontrare produttori e visitatori per raccontare a fondo la provenienza e il grandissimo valore sociale del cibo: concetti dimostratisi di successo anche con le nuove generazioni di consumatori, che cercano esperienze autentiche e sostenibili. Ed ecco che le nuove tecnologie possono essere impiegate per mansioni standardizzabili, offrendo più libertà e più tempo da dedicare alle relazioni con le persone.
Le altre tendenze dei gruppi target più giovani? Il set jetting, ovvero i viaggi nei luoghi in cui sono ambientati film, serie tv o videogiochi: una potente opportunità di marketing. E il bleisure, connubio di business e leisure: lavoro e svago in mete di vacanza, grazie allo smart working ormai sdoganato.
I bullet point di Martin Raymond:
Signe Jungersted ha profondamente ripensato l’approccio della sua città, Copenaghen, ai flussi turistici. La sua filosofia, tanto radicale quanto sorprendente: “Ask not what locals can do for tourism, ask what tourism can do for locals”. Così la trasformazione di Copenaghen, svoltasi con un processo partecipativo coinvolgendo gli abitanti stessi, si è rivelata una potentissima strategia per contrastare il fenomeno – percepito e reale – dell’overtourism. Ha bocciato il vecchio principio per cui “il cliente ha sempre ragione”: piuttosto, a contare devono essere i valori, il carattere e l’identità di un luogo turistico. A questo proposito Jungersted ha ricordato come i turisti stessi non amino identificarsi come tali, ma si considerino piuttosto degli abitanti temporanei. Affinché questa interazione sia fruttuosa, la comunità locale deve essere coinvolta sin da subito nei processi decisionali, per far nascere progetti collettivi che plasmino positivamente i luoghi, quotidiani e di vacanza, per tutti i soggetti coinvolti.
Qualche souvenir del processo trasformativo di Signe Jungersted:
“Non voglio di certo convincere tutti a diventare vegani. Ma voglio dare la possibilità di esserlo,” afferma Godo Röben. Alla guida di Rügenwalder Mühle, tradizionalissima realtà tedesca produttrice di salumi, qualche anno fa ha avviato un nuovo ramo dell’azienda: la produzione di proteine alternative. La sua scommessa? Le alternative alla carne andranno aumentando: e saranno sempre più gustose. Ma perché questa decisione a dir poco sorprendente? Semplice, perché tutte le aziende produttrici di carni e salumi, oggi, si trovano ad affrontare tre problemi irrisolvibili: gli allevamenti intensivi, la crisi climatica e l’impatto dell’elevato consumo di carne sulla salute. La popolazione mondiale è in crescita, e con essa cresce il fabbisogno di cibo. Il mercato sta già reagendo, le alternative a base vegetale stanno diventando sempre più necessarie. E sempre più appetibili.
La lista della spesa di Godo Röben:
Roberta Ceretto nel suo BEAM Talk ripercorre la storia della sua azienda a conduzione familiare piemontese, nata nel cuore delle Langhe: partita dalla semplice viticoltura per pura necessità e sfociata, oggi, in una poliedrica realtà tra vini biologici, torrone di nocciole IGP, consapevolezza ambientale, valorizzazione del territorio, arte contemporanea e prodotti a chilometro zero lavorati nel proprio ristorante tre stelle Michelin. Un racconto che è fonte di ispirazione perché testimonia come questa famiglia di agricoltori sia stata in grado di reinventarsi costantemente, in un territorio in cui fino a cinquant’anni fa non esisteva alcuna infrastruttura ricettiva. Bensì un’agricoltura diversificata, con prodotti che ancora oggi non temono confronti. È così che la famiglia Ceretto ha portato il proprio patrimonio nel XXI secolo: con molta oculatezza, e con grande successo.
Gli ingredienti principali secondo Roberta Ceretto:
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